Ritratto di Giulio II della Rovere
In questo dipinto, conservato alla National Gallery di Londra, Raffaello rappresenta il cardinale Giuliano della Rovere eletto papa la notte del 31 Ottobre del 1503.
E’ stato soprannominato il papa guerriero per aver condotto personalmente le sue truppe contro quei nemici che infestavano i territori della chiesa, ma è anche stato uno dei più grandi intenditori d’arte tra i papi del uso tempo. Sarà lui ad affidare la decorazione della volta della cappella Sistina a Michelangelo e a coinvolgere Raffaello nella decorazione delle sue stanze.
Qui Raffaello lo ritrae quasi settantenne seduto sulla sedia camerale dall’alto schienale che termina in due ghiande d’oro, simbolo araldico della famiglia della Rovere. Questa immagine così iconica è considerata il primo ritratto di stato, prototipo per tutti i ritratti successivi dei papi.
Sappiamo che questo dipinto viene esposto nella chiesa di Santa Maria del Popolo dopo la morte del papa nel 1513 per circa otto giorni e nelle grandi occasioni liturgiche. Questa pubblica esposizione richiamò un grande pubblico e destò curiosità tra la folla, furono più quelli che videro la versione di Raffaello che il papa da vicino.
In questo ritratto Raffaello sembra correggere l’aspetto temibile del pontefice, non è più il monarca bellicoso ma un uomo anziano, fragile e umano, con lo sguardo perso nel vuoto, in un momento di introspettiva meditazione. Alle sue spalle lo sfondo vede di una tenda con le insegne delle chiavi, possiamo immaginare che si tratti dell’anticamera impreziosita di tappeti nella quale riceveva i visitatori. Forse è stato lo stesso papa, dopo le numerose sconfitte sul campo, a voler dare una nuova immagine di se, in un momento difficile del suo pontificato.
Ma questo ritratto non lo rappresenta sconfitto e umiliato, le mani ben curate, adornate di anelli, sono ancora energiche, stringono un fazzoletto bianco. La bocca è serrata, le guance cadenti per l’età denotano ancora un volto bello e regolare, lo sguardo, con gli occhi infossati, è rivolto verso il basso, perso nel vuoto come acceso da una luce interiore, in un momento di introspettiva meditazione. Il volto è incorniciato dalla barba grigio dorata che forma una corona di luce intorno al viso. E’ la famosa barba che secondo le cronache dell’epoca lo faceva somigliare ad un orso che si era fatto crescere per penitenza fino a quando non avesse cacciato i francesi dall’Italia.
La gamma cromatica è giocata sui rossi, dal camauro alla mozzetta, fino ai fili dorati dei pennacchi della barba e dei pomelli della sedia, la veste bianca plissettata si alterna ai rossi.
Questo dipinto si inserisce nella fase veneta di Raffaello.